Durante la terribile pestilenza che ci fu a Thiene nel 1630, nei terreni a lato dell’attuale via S. Rocco, poco oltre la roggia, furono sepolte in fosse comuni la maggior parte delle circa settecento persone decedute (su una popolazione di circa 3000 della città di Thiene) perché non trovarono posto al cimitero.
Quel luogo venne chiamato fino a qualche decennio fa Prà dei Morti e prima ancora Campo de’ Morti.

Nel corso degli anni, durante i lavori di scavo (negli anni ’60 la costruzione della strada via Valsugana e in seguito di varie abitazioni) spesso riaffiorarono dei resti umani.
A memoria del tragico evento, iniziarono i lavori di costruzione della chiesetta intitolata a S. Rocco (invocato come protettore del flagello della peste) finanziata da varie persone della Città di Thiene.

Chiesetta di San Rocco

La chiesa, esternamente molto semplice e senza particolari fregi, all’interno ha vari quadri che hanno come tema la peste, è di proprietà comunale ed è data in uso alla Parrocchia della Chiesa.
Durante la Grande Guerra venne anche occupata da reparti militari.

Nel 1923 iniziò ad esservi celebrata una S. Messa festiva. Nella chiesa le funzioni sono sempre state celebrate saltuariamente. Negli anni ’50 e ’60, alla sera, veniva recitato il fioretto nel mese di maggio con un’ampia e devota partecipazione di persone della zona.

Negli anni ’50 varie persone che abitavano nelle vicinanze, insieme alle famiglie di Angelo Mojentale e Irino Fanton, hanno ripreso l’usanza di organizzare una sagreta il 16 agosto ricorrenza di S. Rocco.
Le signore dei dintorni pulivano la chiesa e la sacrestia. Sul sagrato e via S. Rocco fino all’osteria della Dora venivano stese varie file di bandierine di carta colorata confezionate all’interno dell’abitazione di Mojentale usando la colla fatta in casa con la farina bianca.

Dopo la funzione religiosa ed il bacio della reliquia, sullo spazio antistante la chiesetta si teneva una piccola festa con delle bancarelle di dolciumi, l’anguriara di Meni Boriero e venivano organizzati dei giochi per i ragazzi.
Veniva innalzato anche il palo dea cucagna, cosparso di grasso. Alfredo Cavaléta (Sudiero) era davanti a tutti: voleva conquistare il premio che spettava al primo che arrivava alla sommità.
Nelle vicinanza della chiesetta c’era un solo lampione che aveva molto spesso la lampadina rotta perché i ragazzi si divertivano a colpirla tirando i sassi con la fionda.

Dal 10 settembre 1965, dopo varie richieste da parte dei residenti, il parroco monsignor Bogoni concesse la celebrazione di una S. Messa festiva. Nel corso degli anni anche tale usanza è scomparsa e le funzioni religiose si tengono saltuariamente ed il giorno di S. Rocco.

Questo articolo è tratto dal libro:

2014

La Conca racconta

Ricordi raccolti dalla viva voce dei concati© G. De FranceschiInfo ››