La Guerra, che porta ovunque distruzione, dolore, morte, disagi, fame, carestia, non ha risparmiato neppure la Conca. I suoi abitanti hanno pagato un duro contributo: hanno visto palazzi requisiti dalle truppe tedesche che ne hanno fatto il loro quartiere generale; sono dovuti fuggire sotto i bombardamenti che hanno danneggiato vari edifici; hanno visto giovani ancora quasi ragazzi strappati alle famiglie e inviati in guerra senza nessuna preparazione, ragazzi che hanno sacrificato i loro anni più belli e alcuni anche la vita.

Negli anni ’20, a rotazione fra i vari contadini della zona, era obbligatorio assumere alcune persone per una giornata di lavoro nei campi: Luigi Binotto di via S. Gaetano, contrario all’iniziativa, le tenne sedute sotto il portico per tutto il giorno senza farle lavorare, a mezzogiorno diede loro il pranzo ed alla sera le pagò.

Nel 1943 una parte di palazzo Zironda, in piazza Martiri della Libertà, è stata requisita per farne una caserma della fanteria e dei bersaglieri. Verso la fine delle ostilità, quando i militari lo abbandonarono, nello stesso edificio furono ospitati molti sfollati dell’Abruzzo, che avevano dovuto lasciare la loro terra.

Il comando delle truppe tedesche era all’interno dell’abitazione della famiglia Chilesotti nell’omonima via e tutti i giorni, poco prima di mezzogiorno, un gruppo di militari, con la gamella in mano, partiva dal comando e si recava a palazzo Zironda a ritirare il rancio, intonando una canzone per tenere il passo.

Furono anche costruiti molti rifugi: uno sul terreno fra la proprietà delle famiglie Chilesotti e Meneghini, in fondo a via Chilesotti, un altro all’interno della corte Corradini, sempre lungo la stessa via, e un altro ancora ai Prà dei Morti dietro alla chiesa di S. Rocco, dove in seguito vennero edificate le caséte. Venne usato come rifugio antiaereo anche uno scantinato della conceria Munarini.

All’intero del Patronato, in Conca, furono approntati alcuni rifugi collegati da profondi camminamenti scavati in fondo al cortile, a ridosso del muro di recinzione.
Quando suonavano le sirene di allarme molti scappavano verso i rifugi, altri verso l’aperta campagna e si nascondevano sotto le ampie siepi che costeggiavano via delle Robinie.

Un giorno arrivarono nel cielo di Thiene molti bombardieri americani: effettuarono un giro di ricognizione della città e poi si abbassarono per iniziare un bombardamento a tappeto sopra la Conca. Si racconta che Giacomo Chilesotti, la cui madre viveva nell’omonimo palazzo, usando una radio fece in modo che all’ultimo momento il bombardamento non avvenisse. Infatti gli aerei se ne andarono senza sganciare nessun ordigno. In totale, nel Thienese, ci furono 14 incursioni aeree alleate.

Al grande rastrellamento del 6 settembre 1944 parteciparono ben 5000 uomini appartenenti alle formazioni tedesche e fasciste.
Durante i mesi della Resistenza il gruppo fu impegnato nel recupero di materiale lanciato dagli aerei alleati e mise in salvo una quarantina di persone fra militari stranieri, perseguitati politici ed ebrei.
Thiene, e soprattutto la Conca, è stata la “capitale” della Resistenza. La formazione in montagna aveva la sua base logistica nel Bosco Nero di Granezza sull’Altopiano di Asiago.

Contemporaneamente i Partigiani facevano opera di spionaggio, raccogliendo varie informazioni sugli spostamenti delle truppe tedesche e degli aerei presenti presso l’aeroporto che durante la guerra era dislocato in Ca’ Beregane. Spesso era messo in atto il coprifuoco.

Nel granaio della casa colonica dove abitava la famiglia Dal Maso in via S. Gaetano, dormivano molti militari (anche 150) di varie nazionalità. Era stato posizionato un camion-cucina ed erano state assoldate tre cuoche e varie altre signore che, nella stalla, pelavano patate dalla mattina alla sera per preparare la minestra dolse alla quale veniva aggiunta un po’ di pasta tirò con pochissime uova (le scorse venivano date da mangiare ai maiali della casa).

I militari addetti alla postazione contraerea per il controllo della pista di atterraggio dislocata in via Gombe, a Ca’ Beregane, fra Thiene e la frazione Santo, vi andavano a ritirare il rancio con dei grossi pentoloni. Alla fine della guerra, molti militari si sono cambiati d’abito nella casa dei Dal Maso lasciando lì le proprie uniformi. La pista dell’aeroporto, realizzata nel luglio del 1943, è stata fatta saltare dalle truppe tedesche il 27 aprile del 1945.

I militari che erano di stanza all’interno del Collegio Vescovile, passavano quotidianamente per la Conca con i loro temutissimi cani lupo al guinzaglio e li portavano a passeggio per via Cui del Saco. Indossavano dei lunghi pastrani in pelle neri e stivaloni ed erano il terrore della gente.

Nel giugno del 1944 vari giovani Concati, che non volevano entrare nell’esercito ed avevano idee antifasciste, costituirono, assieme ad altri della zona, la formazione Partigiana Brigata Mazzini, comandata da Giacomo Chilesotti, come vice Mario Saugo e Bruno De Marchi. Il Gruppo Partigiano era formato da circa 500 uomini, molti dei quali della Conca.
La Conca, ebbe una storia importantissima nella Lotta Partigiana. Alcuni giovani iniziarono già dal giorno successivo l’8 settembre 1943 ad organizzarsi, si recarono per un sopralluogo nel palazzo Zironda in piazza Adua (successivamente denominata Martiri della Libertà), fino al giorno prima caserma militare e constatarono che vi erano rimaste molte armi.

Alla fine della guerra, alcuni militari si sono rivolti a don Pieretto Bonato Curato della Conca (anima buona e generosa che non negava mai il suo aiuto a nessuno), affinché li aiutasse a fuggire: lui li fece entrare in canonica e, attraverso un piccolo cancello che dal suo orto comunicava con i campi della famiglia Binotto, li aiutò a scappare. Alcuni, dopo essersi cambiati i vestiti, si diressero, anziché verso il centro della città, in aperta campagna.

In Conca si sparse la voce che nel centro della città erano arrivati gli americani: molta gente partì di corsa cantando in allegria e urlando, viva gli americani ; ma, una volta giunti in piazza, si accorsero che non erano americani, ma una colonna tedesca in ritirata che stava transitando in silenzio. Avevano mimetizzato le croci uncinate sui carri armati con alcune frasche.

Quando è saltata per aria l’azienda di lavorazione di esplosivi che era in fondo alla Ca’ Orecchiona, lungo la strada per Montecchio Precalcino, dove attualmente ci sono le Smalterie Vicentine, è stato anche per la gente della Conca un avvenimento molto traumatizzante: molti sono saliti nei piani alti delle case per osservare la lunga colonna di fuoco e fumo.

In quasi tutte le case coloniche della Conca venivano ospitati molti sfollati: solitamente erano abitanti del centro della città che si sentivano più al sicuro in campagna.

Questo articolo è tratto dal libro:

2014

La Conca racconta

Ricordi raccolti dalla viva voce dei concati© G. De FranceschiInfo ››